Articolo di Francesca Pelucchi su Vanity Fair, con intervista alla dottoressa Esposito.

 

Mangiare sano, vestire capi di provenienza e materiale sicuro, fare sport all’aria aperta, acquistare prodotti di bellezza il più possibile green, pulire la propria casa con detergenti ecologici non tossici ed evitare sprechi guardando per lo più al riciclo. Questi sono tutti comportamenti a cui ormai siamo abituati a prestare particolare attenzione. Ce lo dicono i media, ne parliamo con gli amici, lo spieghiamo ai nostri figli perché costruiscano un futuro migliore in cui vivere. Purtroppo però può capitare che la buona condotta smetta di essere un ammirevole obiettivo, per trasformarsi in una malsana ossessione, molto spesso legata ad abitudini alimentari estreme.

Quando si parla di DCA, disturbi del comportamento alimentare, il pensiero comune va all’anoressia e alla bulimia, due patologie ormai conosciute, ma ve ne sono altre meno note, ma non meno pericolose, come l’ortoressia (dal greco orthos, “corretto”, e orexis, “appetito”) e la vigoressia.

L’OSSESIONE DEL MANGIARE SANO
«Si parla di ortoressia quando la selezione, la ricerca e la preparazione del cibo avvengono secondo precisi canoni ritenuti salutari e diventano pensiero primario delle giornate. Una forma, quindi, di attenzione abnorme alle regole di nutrizione, alla scelta degli alimenti e alle loro caratteristiche che diventa patologia», spiega la dottoressa Teresa Esposito, medico chirurgo, Specialista in Dietologia Clinica e della Nutrizione Umana. Di questa disfunzione, relativamente giovane, ne ha parlato per la prima volta nel 1997 lo psicologo americano, Steve Bratman. Per riuscire a riconoscere più facilmente nei suoi pazienti questo disturbo ha formulato un questionario che in 10 domande è in grado di svelare se un comportamento corretto come il mangiare sano non stia mutando in nevrosi. Spendo più di 3 ore al giorno riflettendo sulla mia alimentazione? La possibilità che i cibi che assumo mi facciano ingrassare è sempre più importante del piacere di mangiarli? Ho eliminato radicalmente diversi cibi che mi piacevano in favore di altri più salutari? Queste sono solo alcuni dei quesiti su cui Bratman chiede ai suoi pazienti di riflettere e che possono far emergere distorti comportamenti alimentari, spesso correlati alla paura, a volte maniacale, di ingrassare o di non essere in perfetta salute. Secondo dati diffusi lo scorso anno dal Ministero della Salute, sarebbero oltre 3 milioni gli italiani con disturbi alimentari e di questi circa il 15% soffrirebbe di ortoressia, con una netta prevalenza degli uomini (11,3%) rispetto alle donne (3,9%). «Il problema è che certe ossessioni possono condurre al risultato opposto dei propri obiettivi, con conseguenze negative sul sistema nervoso, avvertite con difficoltà dal soggetto colpito, ma molto evidenti a chi lo circonda. A pagare le conseguenze di un’estremizzazione alimentare non sono, infatti, solo i soggetti stessi, ma anche, ad esempio, i figli di questi non abbastanza consapevoli o liberi di scegliere cosa mangiare, ma costretti a pasti iper controllati e rigidi. Tutto questo però non è privo di conseguenze fisiche e psicologiche: dal punto di vista organico l’ortoressia può portare a squilibri elettrolitici, carenze vitaminiche e problemi muscolari, mentre psicologicamente si associa a rigidità mentale, insoddisfazione e ansia se non si riesce a mangiare come si vorrebbe», conclude sull’argomento la dottoressa Esposito.

SPORT ADDICTED, FORSE TROPPO
Altre estremizzazione, non meno pericolosa, è la vigoressia, l’ossessione per l’esercizio fisico, la ricerca maniacale della perfezione. È il 1993 quando questo disturbo viene per la prima volta descritto in una pubblicazione scientifica, e il termine stesso con il quale oggi la si definisce non era ancora stato coniato. Si parlava in modo più generico di reverse anorexia (anoressia inversa). Oggi si parla anche di bigoressia o complesso di Adone. «I vigoressici hanno una percezione distorta del proprio corpo, ma non sono individui magrissimi che continuano a vedersi grassi e bisognosi di dimagrire, quanto soggetti muscolarmente ipertrofici che si percepiscono invece come flaccidi e poco tonici. Questo li porta ad assumere un comportamento rigido finalizzato all’aumento ossessivo dei propri volumi muscolari», racconta la dottoressa Esposito.

«Per fare ciò i pazienti sono disposti ad assumere anabolizzanti, seguire diete a elevato contenuto proteico e imbottirsi di integratori. La maggior parte di essi si prepara però autonomamente la dieta senza conoscenze specifiche nel campo dell’alimentazione. Molti si informano on line,  tramite amici e compagni di palestra o allenatori dai quali cercano di ottenere le informazioni necessarie sugli alimenti da consumare o da evitare e sulle sostanze che abbiano un rapido effetto ergogenico per migliorare le proprie performance. Questo con rischi però gravi per la salute, come l’aumento del colesterolo, l’ingrossamento prostatico, la ginecomastia e l’atrofia testicolare», spiega il dottor Nicola Filippi, Medicina dello sport. «Nelle diete sbilanciate che spesso seguono i vigoressici l’introito proteico eccede i limiti della corretta alimentazione, essendo il loro consumo medio maggiore di due grammi di proteine ogni chilogrammo di peso corporeo al giorno, ben al di sopra dei livelli di assunzione di riferimento raccomandati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana che prevede un’assunzione sotto il grammo al giorno – valori troppo elevati anche confrontati con quelli raccomandati dall’American College of Sport Medicine per coloro che si sottopongono ad allenamenti specifici della forza (1,2-1,7 gr al giorno) . Questi introiti proteici così elevati, per giunta, non hanno dimostrato alcun beneficio nell’aumentare la massa muscolare, bensì possono costituire un grave rischio per la salute», conclude il dottor Filippi.

«I soggetti maggiormente a rischio sono gli uomini, così come, percentualmente parlando, sono le donne quelle maggiormente esposte all’anoressia. La fascia certamente più colpita è quella dei 25 ai 35 anni, ma non manca una crescente fetta di persone over 40, che spinta dall’idea di riconquistare la propria giovinezza attraverso l’allenamento, si lascia gradualmente attrarre da allenamenti sempre più duri e frequenti e un’alimentazione molto rigida, sino a trovarsi vittima di una vera e propria ossessione», racconta la dottoressa Esposito.

IL PARERE DELLO PSIOLOGO
«Entrambe le condizioni, ortoressia e vigoressia, sono espressione di una certa rigidità ossessiva, che può essere già presente come tratto di personalità oppure rappresentare una forma comportamentale che nasce e si irrigidisce con il sintomo stesso. In entrambi i casi sono manifestazioni insidiose perché appaiono in maniera non riconosciuta come problematica, anzi come modo di rispondere pienamente alle richieste di una società etica, prestazionale e molto incentrata sull’esteriorità», spiega il dottor Tommaso Zanella, psicologo e studioso di nuove dipendenze. «Prendiamo l’esempio dell’ortoressia: spesso si tratta di persone che si sentono impegnate in un’incessante lotta contro un mondo semi-apocalittico, inquinato e dannoso. Da qui deriva la presa di distanza da un cibo “sbagliato”, quello proposto dall’industria e dagli allevamenti intensivi, in favore di un modo “sano ed etico” di nutrirsi, con l’idea di non subire né infliggere alcun danno all’ambiente. Nel caso della vigoressia, l’individuo riesce ad apprezzare anche visivamente i risultati del proprio sforzo, sentendosi così costantemente ingaggiato in una sfida senza termine con il proprio corpo. Corpo che, però, oltre a inseguire ideali di bellezza deve inoltre ambire a rispondere a obiettivi di prestazione sempre più elevati».

È difficile, però, identificare ricette standardizzate di prevenzione.«Come tutti i comportamenti socialmente accettati non è semplice capire quando si stia esagerando. In generale è sicuramente fondamentale prestare attenzione all’aspetto relazionale: sebbene spesso i soggetti afflitti da certe dipendenze finiscano con il ridurre le proprie frequentazioni a individui con la medesima visione del cibo o dell’esercizio fisico, è importante sostenere anche e soprattutto le relazioni con amici e familiari in grado di aiutare a comprendere eventuali eccessi», continua il dottor Zanella. «Per capire se una nostra abitudine si sta tramutando in ossessione è importante badare ai propri comportamenti. Se mangiare una volta ogni tanto “al di fuori delle regole” ci provoca un disagio particolarmente intenso o se saltare un allenamento è condizione sufficiente a provocarci ansia, sarebbe il caso di iniziare a riflettere e magari cercare aiuto in amici e parenti, ma soprattutto rivolgersi a un esperto. La soluzione non è l’astinenza come per le droghe, ma un approccio multidisciplinare con psicoterapia e il sostegno di un nutrizionista in grado di rieducare alla corretta alimentazione».

Normalmente non facciamo caso a quanti grassi mangiamo ogni giorno a causa del modo errato in cui cuciniamo i cibi. Eppure basterebbe fare solo un po' di attenzione al modo di cucinare alcuni piatti e, come per magia, anche un alimento che pensavamo fosse vietato potrebbe trasformarsi in un cibo sano, in grado di garantirci una vita più salutare.

Società Italiana di Nutrizione UmanaSIO SOCIETA ITALIANA OBESITASocieta italiana gastroenterologia nutrizione pediatrica

La dottoressa Teresa Esposito è membro della Società Italiana di Nutrizione Umana,
della Società Italiana Gastroenterologia E Nutrizione Pediatrica, della Società Italiana Obesità

Dottoressa Teresa ESPOSITO

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